STRALCI DI RECENSIONI CRITICHE
La pittura di Rosetta Acerbi nasce sullimpercettibile limite che, a Venezia, spartisce lacqua dalla terra, la laguna dai muri dei palazzi e delle case: nasce, per così dire, sulla linea dimmersione delle gondole. E unorigine estremamente labile, tremendamente difficile; e la pittura della giovane artista veneziana procede su questa lama di rasoio, sempre in bilico fra la grazia e il preziosismo, fra lespressione e la decorazione, fra la rappresentazione e larabesco.
Avete mai seguito il migrare delle nuvole in un cielo di settembre e avete mai costruito su quelle nuvole qualcosa, un carro alato, un castello dalle cento torri, un giardino pieno di viole? Se non lavete mai fatto, lasciatevi accompagnare da Rosetta Acerbi, gran maestra di cineserie e di sogni. La sua boutique veneziana produce tuttora le lacche ed i pastelli del Settecento lagunare, i piccoli grovigli di fili dei fiori e le ruote di tanti soli al tramonto che rotolano lungo pendii di tappeti orientali. Se le chiedete quando cominciò a dipingere vi dirà che lha sempre fatto e che nessuno glielo ha insegnato; se le dite cosa dipinge non lo sa, dipinge sogni e li mette in vetrina. Il suo colore puro, prezioso, da arazzo, da tappeto, si combina in costruzioni un poco folli, dove appena è di casa la malinconia, leggera e scanzonata.
I quadri di questa pittrice sono duna poesia struggente e rivelano una intensità emotiva dinsolita forza e suggestione. Cè qualcosa dinespresso nella sua curiosa galleria di personaggi-bambole, specialmente nella sospensione enigmatica delle figurazioni, con volti madreperlati e incompleti, corpicini smagriti e colori diafani. Levoluzione immaginativa è quasi a livello medianico e acquista nella rappresentazione una sorprendente lucidità tutta segnata dalla materia tormentata.
La tavolozza è leggera, eterea, pastellosa; la natura si smateria campioni vegetali e animali delle nature morte sospesi in atmosfere di uguale azzurro pallido o screziate e cangianti. La precarietà delle larve non regge allo scontro con gli sguardi spoetizzati dalla routine quotidiana, ma restano i fiori a confortarci con la loro fragranza cromatica incorrotta vestita pittoricamente di grumi, pillacchere, strisciature di spatola che spalma colori brillanti e perfino, richiamo al mondo creato, collages, timidi, isolati, di foglie e gambi secchi. Alla pietà di unartista che si estrania dallangoscia del presente e ci indica leliso,che credevamo perduto, di una delicata letizia floreale, auguriamo, anche per linvocata nostra serenità, una sempre più stretta comunione con le subito accessibili bellezze della terra.
... La pittrice Rosetta Acerbi dimostra una femminilità maturata e non convenzionale negli stessi suoi desideri che il pensiero innalza allarte; fughe interiori nella fantasia, antidoto allepoca dissacrante da lei denunciata nella brevissima autopresentazione. La tenerezza aggrazia, profuma la surrealtà delle figure di bambini e di bambole, larve gentili che recano cancellati parti del volto e svaniscono in busti vaporosi: apparizioni benigne di essenza fiabesca nelle quali il dolore che si affaccia è misteriosa privazione di qualcosa.
Rosetta Acerbi è veneziana e ciò spiega quel giuoco discreto, ma anche divertito di coperture e spiega il fatto che lartista possa apparire nuova ad ogni incontro: giovane di temperamento esuberante e di istintivi estri improvvisi.
Per Rosetta Acerbi la pittura è un modo di vivere, un modo di essere completa, qualcosa di più che lei stessa dice .un modo di annullarsi in qualcosa di diverso La pittura la tenta e la affascina.. per inventare i personaggi e le figure della fantasia. Vuol solo dire che la pittura è un suo modo naturale dessere, un modo che fluisce spontaneamente.
E proprio a questi strumenti arcaici che fa appello Rosetta Acerbi nella sua variata galleria di bambole, dipinte con un garbo quasi settecentesco. Dimesse e umane con i fragili corpi di pezza, i volti attoniti, gli occhi sbarrati, i ricci disfatti, i pizzi consunti, piene di una grazia tanto più toccante perché fatta di una pietà che ricade soprattutto su noi stessi, queste bambole di Rosetta sono, dunque, dei veri emblemi della nostra perduta ma non sopita infanzia e dei suoi traumi. E come tali esse sono anche dei salutari feticci dai quali ricevere o ai quali trasmettere misteriosi messaggi di disperazioni o di fiducia, di amarezza o di gioia.
La pittura di Rosetta Acerbi rientra in un certo espressionismo, fatto di sensibilità psicologica e dironia piuttosto che di accenti apocalittici. Queste sue bambole, che non assomigliano affatto alle bambole ma ad apparizioni magiche, un po arruffate e con un sorriso poco rassicurante, guardano lo spettatore attraverso il velo di unatmosfera fluttuante, morbida, vaporosa, dove lartista rivela doti notevoli di un tenero e fine colorismo.
Bambole per modo di dire perché si tratta di dipinti nei quali i personaggi sono generalmente bambine e ragazze bamboleggianti, realizzate con colori teneri, da pastello morbido: delicate come i fiori che la pittrice ci offre con le figure od a parte, con pochi tocchi fragranti. Nella composizione entra anche qualche animale gentile e non mancano elementi allusivi che danno un contenuto allegorico a qualche immagine.
Li avevo già visti, questi quadri, nel suo studio a Roma. Sinceramente, cosa ne dice? mi chiese lei, bella, vivacissima, veneziana (moglie di Goffredo Petrassi). Risposi: Graziose. Certo, non hanno niente a che fare con la depravata bambola di Bellmer. Sono pupe gentili. Timide. Malinconiche, anche quando sorridono con una bocca stupidella. Direi, una spiritosa fantasia letteraria. Fantasia letteraria? fece lei, piccata -. Ma lei vuole scherzare. In quel mentre si udì un ronzio, era entrato una specie di maggiolino, però nero, con striature iridescenti. Ah, questo è un buon segno fece Rosetta -. Se cè linsetto, anche lei viene. Ecco, guardi lì. Mi voltai. Da un angolo avanzava a passetti traballanti una bambina, o una bambola? Con un fiore in mano. Mi guardava con due occhietti a punta, poi con un occhio solo perché laltro disparve. Linsetto le si posò sul naso. Fece così con la mano, per scacciarlo. La mano passò nel vuoto. Immantinente la bambola, o la Bambina?, si dissolse, cominciando dalla parte inferiore. Ben presto rimase soltanto la testina che ondeggiava, facendo segno di no, di no. Poi anche la testa svanì lasciando un lieve fumacchio. Ha visto? gridò Rosetta Acerbi, ridendo felice.
Per il suo creatore, una bambola può essere entrambe le cose: compagno e vittima. Infatti le creazioni di Rosetta Acerbi con i loro occhi spalancati sembrano avere orribilmente sofferto dellinquieta immaginazione dellartista fino ad apparire nei raffinati dipinti, patite effigi in cui incanto e humour sono decisamente scomparsi.
Non ci sono riferimenti diretti per Rosetta Acerbi, se non forse nellopera, tutta proiettata nellaldilà, di Odilon Redon. Il simbolismo ha fornito soprattutto vive fonti di linguaggio, quasi una grammatica, una grammatica dei sogni; i quali, altrimenti, non si saprebbe in che modo rappresentarli. La condizione dei visionari ha leggi rigorose altrettanto che quella dei razionalisti; risponde a una profonda necessità interiore, a un istinto, a una doppia femminilità dellarte. E questo il fascino di Rosetta Acerbi, prima pittrice che pittore e capace di riconoscere il femminile nascosto nella psiche anche dei maestri più grandi.
E innegabile che per Rosetta Acerbi la pittura affonda le sue radici nel terreno inquieto dei sogni. Anzi si potrebbe dire che per lei la pittura è un costante sognare; ma, si badi, un sognare di forte fisicità, per cui le evanescenze dimmagine tipiche delle condensazioni oniriche si caricano di spessori materici, che talvolta sono vere e proprie efflorescenze di una incarnazione della pittura nel colore. Da questo particolare modo di sentire e vedere scaturisce limmaginario della Acerbi, un immaginario che è sempre epifania improvvisa di sogni fortemente intrecciati allesistenzialità, è sempre rivelazione, soprattutto per la pittrice, di quella parte dellio che è sommersa nel profondo personale, come la mitica Atlantide negli abissi marini.
Quante sono le vie del Surrealismo? Rosetta Acerbi ne ha ora scoperto una che passa da Dufy e, attraverso le ammorbidite rêveries di Leonor Fini, giunge alla stupefazione, allincantesimo del pittore naîf . A seguire la naîveté della pittrice, oscuri o almeno allusivi contenuti sarebbero riposti dietro queste immagini oniriche: significati come matrici. In realtà, il gioco diventa più scoperto di quel che si creda, solo che si guardi ad esse sono immagini di una realtà troppo amara per essere fiaba, troppo dolce per essere sogno, troppo macabra per essere obiettiva versione delle cose, troppo puntigliosa per diventare astrazione sia pure ingenua.
insieme traversare il presente, moltitudine di ombre, sospesi dentro una luce che tutto allontana: Sei qui per bastarmi, mia vista, mio cuore. In te ruota il mondo, ripete le stagioni. Non avvicinare la lampada, perché io resti la Bellezza. Sarò la Verità, se non pretendi risposta
Di Rosetta Acerbi, ricordo i colori sfumati, le delicatezze tonali, i cromatismi raffinati e le figure alle soglie dellambiguità e del mistero. Questo suo mondo lo ritrovo adesso in una serie di disegni dedicati allEros, dal tratto sottile e dalla invenzione fantastica, che sembrano emergere da favole popolate di principesse e di fate, di animali, e di cavalieri, immerse, a studiarle da vicino, in atmosfere morbide e segretamente inquietanti. Divagazioni erotiche che sono anche giochi cerebrali edificati, su un palcoscenico surreale.
Lungo tutto il suo percorso dartista cè chi ha proposto i nomi di Dufy, di Chagall, di Klee, di Rosalba Carriera, di De Pisis o di Leonor Fini. Ma in effetti Rosetta costituisce un caso, un caso a sé, di artista con poche e sporadiche parentele, mobile, sfuggente, difficilmente riducibile ad un qualsiasi riferimento duraturo. Il vago surrealismo che vena di umori il suo mondo allucinato e stravagante è lunico ambito a cui è possibile costringerla. Infatti, Rosetta ha vissuto lesperienza pittorica come processo di autocoscienza e radicale liberazione da una cultura che non sente né congeniale al suo universo né idonea ad esprimere lautonomia del suo pensiero poetico, che mette la donna al centro del mondo, delle sue vitali e aritmiche contraddizioni, e della sua fragile ma ammaliante bellezza.
Il rapporto con lacqua è sostanza primitiva ed attiva del suo mondo fantastico; attraverso di essa ritrova un contatto con la materia irrazionale, misteriosamente vivente. Si va dalle superfici specchiate, che lasciano balenare miraggi di approdi fantasmatici, in opere più remote, attraverso lopalescente mare di lacrime, percorso dalla barca di Caronte, alle acque profonde di Venere e Origine, associate al senso abissale del destino umano, come gli orizzonti lontani delle opere precedenti erano sembrati evocare unidea dinfinito. Se in Andromeda un livido gorgo, popolato di esseri mostruosi è pronto ad assorbire lagguato di un nero dolore, in Caronte limmaginazione ricorre allacqua per dare alla morte il senso del viaggio.
I temi e i soggetti di Rosetta Acerbi, dall antico Caronte alla serie recente delle cortigiane e degli arcangeli, nascono esclusivamente dal suo modo di dipingere. Si concretano, quali figure, solo attraverso il tessuto delicato e ardente dei colori (i rosa, i lilla, le ocre, i verdi-azzurrini), emergendo dallo spazio dei fondi come da un fluido germinativo: corpi, volti feriti, sguardi, mani, fiori, colombe.
Kleist, in un piccolo saggio, che è una pagina stupenda di estetica, dice che la grazia si manifesta nella sua forma più pura in quel corpo umano che non ha coscienza o lha infinita, cioè nella marionetta o nel dio. E questa potrebbe essere lepigrafe adatta per le bambole di Rosetta, di questa pittrice combattuta tra lansietà e la grazia. Forse perché sono i soli esseri umani che sappiano guardarsi in uno specchio, le donne sono anche le sole pittrici (quando sono vere pittrici) capaci di sentire la fragilità della vita. Tutto il segreto di Rosetta è qui, ed è ancora un segreto umano: avere un piccolo messaggio in una bottiglia da affidare sulle onde della pittura.
Un gran lago di luce azzurra dove si fondono cielo e acque; una giovane donna e una fanciulla, belle ma di una gracilità vicina al dissolvimento, stanno in attesa come porgessero lorecchio a un rombo lontano. Un giovane, in forme di San Sebastiano, si torce per il dolore come un fiore che si va seccando e, sul bianco dello spazio, una rosa dal colore materico grumoso sembra mimare tale sofferenza e il gambo è un rivolo di sangue.
Per Rosetta Acerbi la pittura è una vocazione genuina ed autentica in cui trasporta tutto intero il flusso dei suoi sentimenti, delle sue abitudini, della sua espansività, alimentato da una estrosa e ricca fantasia e da una vibrante carica emotiva nel cui profondo si sente lesistenza di una vena romantica, struggente di sensitiva ed appassionata poesia. Partita da una pittura post-impressionista Rosetta si è rivolta, poi, ad esplorare il mondo del fantastico, dellinconscio, dellonirico, del favolistico filtrando in esso una sua personale visione immaginifica ed emblematica delluniverso femminile.
Gli ultimi quadri di Rosetta Acerbi, confermano e rinnovano la personalità di unartista sensibile quanto inquieta. Nata a Venezia ma da tempo operante nella capitale, la Acerbi non è stata conquistata dallo strapotere del barocco romano o dalle molte versioni che ne sono state fornite. Nella sua visione permangono gli struggimenti delle nebbie lagunari, quel disfarsi delle cose come alla soglia del nulla, non sai se al punto del naufragio o di un periglioso nascimento.
Di temperamento fortissimo, anche, e di espansività addirittura impulsiva nellimmaginazione delle sue favole e dei suoi personaggi, lAcerbi è portatrice di due valori: il rigore dettato da una cultura storica dellarte; il fare in modo che tale rigore non si traduca mai in sbarramento alla esperienza dellimprevisto e dellignoto. Felicità di luce, di piani e di veli di colore, di spazio allusivo-narrativo, che sono invisibili dai contenuti pur forti e determinati: di dramma, di ansia e persino di angoscia.
Il mondo poetico e pittorico di Rosetta Acerbi è un mondo visionario e spettrale, un sortilegio di percorsi allucinati tra i sentieri della memoria e dellinconscio, tra la fantasia, la delicatezza delle cose sognate o intraviste come tra la nebbia azzurrina, con immagini dolci, patetiche o drammatiche.
Questi dipinti hanno il potere di ricreare lesperienza del sonno. La luce lunare che li pervade non è di questo mondo ma di un altro, di un universo alternativo con altre possibilità. La laguna che essi mostrano è anche il mare dei sogni, dove oggetti apparentemente solidi edifici, persone, barche- appaiono con allucinata chiarezza e quasi subito scompaiono: immagini colte da quei magici momenti di transizione. Si tratta di un compito che solo la pittura può assolvere. Poiche le parole, una di seguito allaltra, non si muovono con la velocità necessaria a preservare linsieme, la fragile totalità della visione.
Il suo non è soltanto il raccontare il tempo, ma è un raccontarsi nel tempo: quasi un palinsesto della sua memoria più recente, delle varie tappe del suo percorso artistico ritornando al suo luogo di origine, il tempo puntato, che non è fisso e staccato ma vive nellartista in ogni singolo dettaglio, vibra come il diario veneziano di Rilke ritraendo la magia di una città e di un mondo che appartengono a tutti, ma in modo particolare a chi vi è nato e vi si è formato artisticamente, come è il caso di Rosetta Acerbi.
I suoi racconti, con me e relativamente a quei dipinti, furono tutti incentrati su come fosse riuscita a ottenere tanta trasparenza del colore, uno strato sopra laltro, ma senza che vi intervenisse la pesantezza della materia; ottenendo al contrario una impossibile legibilità di tutti i passaggi, quello più profondo visto, attraverso le velature che vi si sovrapponevano, quale fondale di acque che si intendevano poco mosse, ferme, lagunari. Alcuni turchesi tiepoleschi, certe vibrazioni del verde veronese la dicevano discendente da quei rami, senza timore di smentita.
Rosetta Acerbi ha un modo di esprimersi e di pensare la pittura che non si direbbero assolutamente caratteristici della tradizione italiana. Dal suo essere veneziana ha ricavato una esperienza che non lha mai resa tipica. La sua stessa formazione, completamente al di fuori dei canoni dellesercizio della pittura secondo una impostazione di scuola o di bottega, la porta fuori da una logica storica che si tenderebbe a dare per scontata. La sua carriera, del resto, non è da giudicare come lineare e consequenziale. Esordisce giovanissima ma ben presto si interrompe per poi riprendere con un flusso inesauribile di opere che prosegue e che lascia sempre intravedere nuovi temi, nuovi personaggi, nuove situazioni.
Nella nostra artista cè viva, questa voglia di non ripetere mai , di non annoiare il pennello, di far sorgere le figure dal gioco annidato dei colori dacqua, evocati però ed imitati dallolio pastoso e furente che urtica e solletica la superficie bagnata delle tele. Da quando ha aderito ad un informale, tutto suo e segreto, ove la pittura si riduce sovrana e riottosa, ad evocare quelle pareti stuccate e cerate, dal salnitro degli affreschi, che hanno scontato pure la loro sinopia, succhiata dal buio; a quando un lungo silenzio lha tenuta lontana dalla pittura. Sino a quando sono ritornati, questi fantasmi rimossi, questi rottami dun immaginario, in lenta delicata sofferenza.
E una pittura misteriosa quella della Acerbi, calata nella dimensione dellenigma e dellonirico:nel sogno si evocano gli dei ritenevano i greci. Anche questa costituisce una traccia preziosa: perché dove ha posto il mistero, lì si dischiudono infallibilmente le regioni del numinoso, e sincrina lonnipotenza del visibile e del calcolo. . Presenze: quelle che Rosetta Acerbi ha evocato nei dipinti che costituiscono la mostra, sono inveramenti figurali di stati danimo e di irradiazioni metafisiche; vogliamo chiamarli angeli? Si tratterà comunque di angeli ben inquietanti.
Di Rosetta Acerbi sono esposte una quindicina di tele, che spaziano lungo un arco temporale di un ventennio, pervenendo fino alla più immediata attualità. Non soltanto ne emerge la stretta coerenza stilistica della pittrice in tale considerevole lasso di anni, ma altresì la perdurante freschezza ideativa, che le ha consentito di raggiungere proprio negli ultimi mesi alcuni dei più felici esiti dellintero itinerario operativo, basti pensare ad un piccolo capolavoro come Il fanciullo e i melograni.
A Capri Rosetta Acerbi arriva dispensando fiori appena sbocciati, in piena fioritura, decadenti e appassiti, un campionario di colori ed immagini guizzanti, opere su carta, capricci floreali che si accompagnano a preziose tele di raffinata pittura e delicata sensibilità.
Il ciclo dedicato a Barbablù aggiunge molto a quello che la pittura della Acerbi aveva già rivelato la pittura si confronta con la musica: un linguaggio che i processi della memoria e del sogno riescono a rendere meglio di ogni altro, anche perché lontana per la sua natura dalla staticità. I dipinti del ciclo passano in rassegna personaggi e atmosfere diverse alternando impressioni di corporeità e di presenza a dissoluzioni ed evanescenze in cui luce, colore e ombra prevalgono sulla evocazione e si danno di per se stessi come pura pittura, elaborazione sapiente di una materia che, come il suono della musica, non ha bisogno di descrivere per coinvolgere la nostra mente e darle insostituibile alimento.
Ho visto in questi quadri dedicati al Castello di Barbablù lo sforzo terribile per noi, calati come siamo nella società consumistica, di accedere allaltro, di riconoscere nellaltro i nostri propri tratti. La cosa più interessante e direi quasi inquietante è che in questa serie di quadri Barbablù e Giuditta a volte sembrano lo stesso personaggio. Hanno qualche parentela profonda: nellespressione attonita e crudele, ma sorpresa e annichilita di Barbablù si riscontrano vagamente i tratti di Giuditta che invece si offre in una specie di seminudità in unattesa altrettanto trepida e crudele, insieme vittima e carnefice.
Rosetta Acerbi appartiene al rango degli infallibili, dei pittori che sempre, allo scoperto, rischiano affidando ciò che hanno alla veloce esattezza di azioni isolate, lintera vita di un quadro alla bellezza improvvisa fossanche di un battito di colore solo. Con la stessa infallibilità lei si esercita oltre che sulle figure, e sugli sbuffi della materia in eccesso sui Fiori ad esempio, pulsazioni involontarie suggeritele forse da un occulto dio seicentesco o da un impressionista annottato, la cui linfa scura resta un segreto, più in fondo - , o sui finimenti delle vesti, sui rossori più cocenti della carne, là dove lo slancio simpone come una necessità fisica quasi, anche sulle parti lasciate vuote, fendendo il buio come chi vi sia abituata da tempo e sia ormai abilissima; magari come una predatrice che insegua qualcosa di cui, lei sola, abbia puntato il volo.
Rosetta Acerbi vince la scommessa a suo modo dipingendo fiori in tutti gli attimi della loro breve vita. Se ogni dipinto è unistantanea, linsieme delle opere compone un film della durata e penetra così nel cuore delle cose. Promessa, fioritura, trionfo, appassimento: il ciclo è quello di tutte le umane passioni. Non si riesce a vedere lartista occuparsi di altro. E bisogna poi farlo con originalità, umore, con collera, con stile, o, come qui, nel profumo mutevole dei giardini e delle stagioni.
La distruzione dellinnocenza non è soggetto per tutti. La nuova ossessione di Rosetta Acerbi è per le bambole. Fragili creature di pezza dai segreti ammiccamenti di spezzati cadaveri inchiodati à la sorcière.
Cè, non meno magica e inquieta, limmagine de Il potere con la tigre ringhiante e un ambiguo personaggio femminile che ci parlano della Vienna di Klimt e delle simbologie alla Khnopff che, tra simbolismo ed eccitanti vibrazioni di colori, della luce, divengono una sorta di alone visionario magico. E una magia, quella che la Acerbi fa vivere sotto i nostri occhi, che risiede più nel suo modo di usare i colori, nelle pennellate mosse e sottili, che è la pura e semplice scelta dei soggetti. E una pittura colta, e molto distillata, dunque. Ma, a vederla, non vi traspare nessun segno di quella cervelloticità, di quel gioco enigmistico per spiriti eletti che rende noiose troppe delle cose dellarte doggi.
I sogni e la memoria, lidea della memoria, hanno nutrito lestetica sintetica della pittura e della musica simbolista. Rosetta Acerbi sembra non solo darci una risposta ispirata ad un pezzo musicale chiave della tradizione espressionista-simbolista, ma sembra anche di affermare nel suo lavoro la vitalità delle strategie simboliste per occuparsi di argomenti complessi come lamore, la solitudine, la speranza, la paura, lesaltazione e la disperazione, il conscio e linconscio.